Capitolo 4.
Morto che
cammina
Se c'è una cosa che si può dire dei
wakandani è che sanno fare le cose in grande. Ogni cerimonia che si tiene al
palazzo reale colpisce l'occhio per la sua opulenza pur mostrata senza
ostentazione o almeno così era dai tempo di T'Chaka. In passato i Re tendevano
ad essere molto più altezzosi e a giocare al rialzo ogni volta che dovevano
imbastire un evento importante così da poter impressionare i capi nemici che
spesso venivano inviatati ad assistervi, fosse essa una celebrazione al Dio
Pantera o addirittura un funerale. Anzi erano proprio le cerimonie funebri
quelle più ricche di sfarzo e poteva capitare che ad officiarle si chiamasse in
via del tutto eccezionale un membro del Clan Iena [1] , più avvezzo e
ferrato nel trattare i cari estinti e le faccende che riguardavano l'ultimo
addio. Questo è ciò che gli archivi storici wakandani raccontano sull'alta
considerazione che il popolo aveva per i funerali, dunque chi possedendo queste
informazione avesse guardato alla triste processione che stava avvenendo sulle
scale del Palazzo Reale sarebbe rimasto sorpreso. C'era solo la famiglia reale
al gran completo che camminava in silenzio accanto a una bara sospesa in aria,
che fluttuava avanzando lentamente verso il centro dello spiazzo che si trovava
ai piedi della scalinata. T'Challa procedeva davanti assieme a S'Yan e dietro
di loro venivano Ramonda e Shuri, seguiti poi a poca distanza da una taciturna
Monica Lynne e da Hunter. Il gruppo si posizionò accanto alla bara non appena
questa si bloccò e T'Challa osservò con sguardo serio anche i suoi ministri
sopraggiungere da un lato della piccola piazza e portarsi accanto a loro.
Quindi dopo aver lanciato una addolorata occhiata a S'Yan, che sembrava
diventato davvero l'ombra sbiadita di sè stesso parlò per primo verso i suoi
sudditi che erano venuti ad assistere all'ultimo saluto a suo cugino.
<Sapete, io e T'Shan non siamo mai
andati d'accordo. Lui è sempre stato estremamente critico con il mio modo di
guidare il nostro paese, e spesso questo ci ha portato a litigare in maniera
piuttosto aspra. Ciò non toglie però che T'Shan era un membro della mia
famiglia. Era mio cugino e il figlio di uno dei migliori uomini che io abbia
mai conosciuto, e voglio assicurarvi che chiunque abbia causato la sua morte
sarà trovato. Sarà trovato e giudicato secondo le nostre leggi, poichè mai pena
sarà più grande del dolore che quest'oggi affligge me e la mia famiglia. Ora
però vi prego di ricordare mio cugino...nei suoi pregi come nei suoi difetti,
onoratelo come merita!>
Detto ciò T'Challa indietreggiò per dare
spazio a chiunque volesse ricordare con parole sue T'Shan. Le persone si
susseguirono e a ogni loro frase il Re Pantera sembrava scoprire lati della
personalità del cugino che non conosceva, dalle voci di chi invece aveva avuto
rapporti diversi da quelli conflittuali con lui. Si rammaricò di non esser mai
andato oltre la loro reciproca antipatia e aver cercato di conoscerlo meglio.
Per tutto il resto della cerimonia evitò di guardare a lungo S'Yan e anche
questo non potè non farlo sentire in colpa. Semplicemente vedere suo zio, colui
che da bambino era stato il suo eroe in quello stato era capace di far precipitare
il suo cuore in un abisso oscuro, più nero di quello dove il Dio Iena ha la sua
dimora. Non c'erano dubbi che chiunque costituisse la causa della morte di suo
cugino l'avrebbe pagata a caro prezzo, questo poteva giurarlo. E nonostante la
promessa fatta al popolo non poteva garantire che ciò sarebbe avvenuto secondo
le leggi wakandane.
L'uomo di blu vestito si dondolava su una
vecchia sedia di legno, il cappello calato sulla fronte e un vecchio giradischi
che accanto a lui suonava una canzone di Cab Calloway, all'ombra di una
veranda. Nelle sue mani una piccola creatura si muoveva velocemente da un palmo
all'altro e l'uomo la osservava assorto, totalmente noncurante della frenetica
vita cittadina che si svolgeva attorno a lui. Improvvisamente un ragazzino in
bicicletta parcheggiò il suo mezzo davanti al giardino della sua villetta
battendo dunque il pugno sul piccolo cancello di legno come a voler attirare la
sua attenzione. Vedendo che l'uomo non lo ascoltava nemmeno provò quindi a
chiamarlo.
<Signor Toile[2]!! Signor
Toile!!>
L'uomo trovò che il piccolo Timothy
potesse migliorare ancora la sua pronuncia francese. Invece che pronunciarlo
Tuàll come la lingua corretta vorrebbe, lo faceva alla inglese chiamandolo
Tòill. Piuttosto irritante ma dopotutto c'era stato di peggio. C'era chi per
farsi beffa di lui lo aveva chiamato Signor Toilet e subito dopo non era stato
più in grado di ridere per il resto della sua vita. Non che lui non possedesse
senso dello humor ma odiava quando i mortali si mostravano troppo impertinenti
nei suoi riguardi. Decise di dare udienza al bambino e sollevò con l'indice la
visiera del cappello potendo così guardarlo in faccia.
<Cosa c'è di così urgente da
disturbare la mia siesta, Timothy?>
Il ragazzino fece cadere lo sguardo sulla
sua mano e notò la vedova nera che stazionava sul suo palmo. Sgranò gli occhi
anche se altre volte aveva visto il signor Toile giocare con animali
pericolosi, che nelle sue mani diventavano docili come agnelli.
<Un uomo è venuto al pub. La cercava.
Sembrava un haitiano come lei ma puzzava come un morto>
Un ghigno si disegnò sul volto di Toile.
<Un morto eh? E cosa ti ha detto
questo signore?>
<Ha detto di riferirle che il leone è
entrato nella tana della pantera...non so cosa
significhi> disse Timothy grattandosi la testa perplesso. Toile tirò fuori
dalla manica un dollaro lucente, come un abile prestigiatore, lanciandolo al
ragazzino che lo afferrò al volo. Un dollaro vero per una volta, non una delle
sue monete false.
<L'ho capito io, questo è l'importante.
Grazie dell'informazione ragazzo. E dì a tuo padre di tenermi quel suo whiskey
speciale in fresco. Più tardi passo da voi>
Timothy annuì quindi dopo aver lanciato
ancora uno sguardo al ragno che Toile teneva nel palmo della mano che non aveva
usato per prendere il dollaro, salì in bicicletta cominciando a pedalare
spedito e sparendo presto in fondo alla via. Toile si stirò le gambe
avvicinando poi la mano al muro di legno permettendo alla vedova nera nella sua
mano di salirvi e scomparire in cerca di un buon punto per costruirsi una casa
o qualche maschio da usare come pasto quotidiano. Tutto procedeva come
stabilito, con sua enorme sorpresa dato che non aveva una gran fiducia in
questi wakandani decaduti, e presto avrebbe potuto avere la sua vendetta. E magari
smettere anche i panni mortali di Rémi Toile,
immigrato haitiano amante del jazz n'blues e di Elvis. O forse no...dopotutto
quella facciata umana lo divertiva e si stava quasi abituando a vivere in mezzo
ai mortali. L'alcool era buono e la musica pure, inoltre il suo regno oramai
puzzava di stantio e di insetti morti.
Omoro, seduto su una sedia, osservava
T'Challa camminare avanti e indietro nella stanza con lo sguardo basso. Decise
di attendere che fosse lui a parlare invece che interrompere quel silenzio
drammatico con una delle sue osservazioni sarcastiche che sarebbe stata
essenzialmente fuori luogo in quella atmosfera. Alla fine T'Challa battè le
nocche sul tavolo in legno sintetico che aveva davanti ridestando l'attenzione
del Capo dei servizi segreti wakandani.
<Direi di seguire la strada del N'doto[3]!
La Rudyarda[4] c'entra sicuramente
qualcosa e se non è opera loro di sicuro c'è dietro qualcuno che ha
l'intelligenza e i mezzi per poter sintetizzare quel gas>
<Il che comprende praticamente qualsiasi
persona con dei soldi e degli ottimi scienziati a sua disposizione. Un po’ pochino per restringere il campo> disse Omoro
stavolta non riuscendo a non esser sarcastico.
<Non se può accedere a dei mezzi
magici o soprannaturali. Dubito che un uomo normale possa far comparire un
branco di iene in un appartamento di New York senza aver qualche potere o aver
stretto un patto con qualche entità. E questo restringe sicuramente il
campo>
<Si lo fa... Vuoi forse dire che dovrò
andarmene in giro a cercare maghi e cartomanti?>
<No, tu farai il lavoro che ti è più
consono. Voglio che alcuni nostri uomini si infiltrino in Rudyarda e cerchino
di scoprire quanto più possibile. E voglio che sia tu a guidarli!>
<Bhè ci sono posti migliori per
passare le vacanze ma vedrò cosa riesco a scoprire!> disse Omoro alzando le
spalle. Sembrava quasi sollevato che T'Challa lo
avesse "relegato" a ciò che sapeva fare meglio, al suo elemento.
Spiare, infiltrarsi, intercettare...questo era ciò in cui lui sguazzava, le
faccende da supereroi non erano roba per lui.
<...della questione
"soprannaturale" me ne occuperò io. Dopotutto non si può dire che io
non abbia conoscenze nel settore. Dobbiamo assolutamente sapere con chi abbiamo
a che fare, e dobbiamo scoprirlo al più presto. Non tollero un attacco alla mia
famiglia e non ammetto che possano verificarsene altri>.
T'Challa sbattè improvvisamente il pugno
sul tavolo, che tremò sotto il peso del suo colpo, e per un attimo Omoro
temette che si sarebbe rotto in due. Il
Re Pantera si lasciò dunque a sua volta cadere sulla sedia portandosi una mano
al volto e stropicciandosi gli occhi. Aveva perso la calma per un momento ma
tanto gli bastava per rimproverarsi. Non
era affatto da lui e questo lanciava improvvisamente una cupa ombra su tutta la
situazione.
<...Vai Omoro e mandami notizie al più
presto...ora vorrei restare da solo a riflettere...>
Con sollievo di T'Challa stavolta Omoro
annuì e si alzò uscendo dalla stanza senza lanciare una delle sue solite
battutine. Non sarebbe stato in grado di reggerne anche solo un’altra, non in
quella situazione tesa e drammatica. Si ricordò di aver
trascurato praticamente tutti i membri della sua famiglia da quando era tornato
da New York. Aveva passato solo qualche minuto con Monica e in tutto quel
susseguirsi di eventi non aveva avuto che qualche secondo anche per parlare con
sua sorella Shuri. Decise che farlo ora probabilmente gli avrebbe fatto bene,
avrebbe disteso i suoi nervi e avrebbe costituito una gradita pausa per poter
ritemprarsi e recuperare la lucidità che gli serviva. Si alzò dalla sedia e
aprì il portone notando però immediatamente che qualcosa non andava. I suoi
sensi affinati come quelli del nero felino di cui portava il nome sembrarono
entrare in allarme senza che riuscisse ancora a capirne il motivo. Omoro che
ancora si trovava fuori dalla stanza vide T'Challa piegarsi in avanti con fare
furtivo e subito tirò fuori dalla fondina la sua arma da fuoco affiancandosi al
Re Pantera.
<Che succede?...> sussurrò
appiattendosi contro il muro. T'Challa con dei rapidi gesti della mano gli
indicò il corridoio illuminato dagli ultimi raggi di sole che ancora
resistevano al tramonto e che filtravano dalle ampie finestre poste lungo tutta
la parete destra. Con passo felpato i due avanzarono percorrendo il corridoio
poi uno adiacente, mentre più camminavano più T'Challa comprendeva di starsi
dirigendo verso la camera da letto che divideva con Monica. La cosa bastò a
fargli accelerare il passo e quando si ritrovarono al cospetto di un gruppo di
guardie stese al suolo sia lui che Omoro capirono che i sensi della Pantera non
sbagliavano affatto. Non ci misero molto a irrompere nella enorme camera da
letto, avendo oramai capito che la loro destinazione era quella. La finestra
era spalancata, l'enorme letto era rovesciato e in un angolo Shuri giaceva
stordita, la schiena poggiata contro il muro. T'Challa si fiondò subito ad
aiutare la sorella, sollevandole delicatamente la testa e chiamandola cercando
di farla riprendere.
<Shuri....Shuri mi senti?....>
Shuri emise un gemito quindi lentamente
aprì gli occhi mettendo a fuoco suo fratello T'Challa. Solo un filo di voce,
estremamente flebile, le uscì dalla bocca.
<...l'ha presa.....T'Challa...l'ha
presa....>
Dopodichè la ragazza svenne ancora una
volta e T'Challa la sollevò delicatamente tenendola tra le sue braccia
voltandosi poi verso Omoro.
<Vai a chiamare Joshua![5] Che
si prenda cura di Shuri! Io nel frattempo mi metterò sulle tracce del bastardo
che...>
Allora T'Challa alzò lo sguardo e dietro
le spalle di Omoro lo vide...Un messaggio scritto sul muro con del sangue
fresco.
"Se vuoi rivedere la tua donna
viva raggiungimi all'Antico Tempio del Dio Pantera. E' tempo che il Wakanda
abbia un nuovo Re più capace e determinato".
T'Challa rimase a fissare per quasi un
minuto quelle parole scritte sul muro. Non sapeva se il sangue con il quale
erano state scritte fosse quello di Monica, ma con suo grande stupore riconobbe
subito quella calligrafia. L'incredulità lasciò però quasi immediatamente il
posto alla rabbia. I lineamenti di T'Challa si aggrottarono assumendo
un’espressione così feroce, come Omoro non ne aveva mai viste sul suo volto.
Prima ancora che potesse dirgli qualcosa, T'Challa gli passò delicatamente il
corpo esanime di Shuri quindi senza preavviso spalancò la porta iniziando a
correre all'impazzata lungo il corridoio.
Monica Lynne aveva passato
comprensibilmente ancora una volta la giornata in uno stato di forte disagio.
T'Challa era tornato ma era stato troppo preso dal funerale di suo cugino per
poterle dare più di qualche minuto di attenzione. Era stata una strana
sensazione, sentirsi così sola nonostante lui fosse a pochi passi da lei.
Soprattutto poi, Monica aveva faticato a decidere come comportarsi alla
cerimonia. Aveva avuto una sola occasione di incontrare T'Shan e sapeva che lui
e T'Challa non andavano nemmeno troppo d'accordo, dunque non si era sentita
totalmente in grado di manifestare il suo dolore per la sua morte. Il che
doveva essere apparso quanto mai sconveniente e Monica ripensò alle occhiatacce
che qualcuno le aveva lanciato anche durante la funzione funebre. Avrebbe
voluto sprofondare il viso nel cuscino e piangere, nonostante le parole che Ramonda
le aveva rivolto, il peso di tutto quel pregiudizio nei suoi riguardi si faceva
sempre più gravoso ogni giorno che passava. Si lasciò cadere sul letto
poggiando la testa sul soffice cuscino e fissando il soffitto sul quale erano
rappresentate in uno stile di disegno molto tribale alcune scene della vita
delle precedenti Pantere che avevano vestito quell'abito prima di T'Challa.
Assorta nell'osservarle a Monica esse sembrarono quasi prender vita e per un
minuto si perse nelle gesta degli avi del suo futuro marito che avevano fatto
tanto per difendere quell'inviolabile paese da tutti gli invasori esterni. Per
quel lasso di tempo sembrò persino dimenticare le sue preoccupazioni e solo
l'improvviso spalancarsi della enorme porta della camera da letto la ridestò da
quello stato di torpore. Shuri fece capolino ma quando vide Monica si bloccò
quindi tossicchiando imbarazzata fece per richiudere la porta.
<Scusami...pensavo fosse camera
mia...>
Monica si tirò a sedere sul letto
cingendo le ginocchia con le braccia e scosse la testa.
<Di nulla...non mi hai
disturbato...>
Shuri fece all'inizio per chiudere la
porta e andarsene ma rimase lì sulla difensiva, prima di tornare cautamente a
parlare.
<Questo palazzo è così grande che
fatico sempre a trovare la mia stanza...>
<Non me lo dire> rispose Monica
<non credo che riuscirò mai davvero ad abituarmici, cioè, ho sempre vissuto
in un appartamento e ora… un Palazzo Reale!? Chi poteva aspettarselo?>
Shuri fece un debole sorriso quindi alla
fine chiuse si sì
la porta ma rimase nella stanza andando a sedersi sul letto.
<Ho la stessa sensazione anche io.
Cioè ho vissuto quasi tutta la mia vita fuori dal Wakanda e per me tutto questo
è nuovo quanto lo è probabilmente per te>
Le parole le erano uscite rapide come un
fiume in piena. Forse trovava ancora strano parlare con Monica, d'altronde era
sempre stata piuttosto schiva sin da quando era tornata. Monica tirò un lungo
sospiro tornando a fissare il soffitto.
<Almeno tu non devi fare tutti i
giorni i conti con... tutta questa ostilità! Mi sento sempre osservata, sempre
giudicata, sempre... odiata... e T'Challa non è quasi mai qui con me...>
Si portò le mani al volto come se si
fosse sentita mortalmente in colpa per le ultime parole che le erano uscite
dalla bocca e Shuri rimase in silenzio, imbarazzata, non sapendo cosa dire.
Alla fine Monica scosse la testa facendo un gesto di noncuranza con la mano.
<Scusami....a volte parlo a
vanvera...>
Shuri stava per risponderle quando
improvvisamente le due sentirono delle urla provenire dal corridoio e si
bloccarono, come pietrificate. Un sordo rumore come di qualcosa che sbatteva
contro il portone le fece trasalire e Shuri si pose subito sulla difensiva.
Nonostante avesse passato molto tempo all'estero ciò non significava che non
fosse preparata come tutti i membri del Clan della Pantera, nel combattimento
corpo a corpo. La sua famiglia si era assicurata che pure lei eccellesse nelle
arti marziali, d'altronde come tutti i membri del Clan sarebbe potuto capitare
che dovesse rivestire lei stessa i panni della Pantera Nera. Il portone fu
improvvisamente sconquassato da alcuni colpi violenti e alla fine si spalancò
mentre alla vista della figura che si stagliò sulla soglia, l'orrore salì come
un brivido lungo le schiene di Shuri e Monica. Davanti a loro c'era un cadavere
ancora grondante terra che faceva saettare i suoi occhi dall'una all'altra
concentrandosi quindi sulla sola Monica. La pelle seppur fosse quella di un
uomo di colore aveva anche il leggero pallore di chi è morto annegato e ha passato
diverso tempo sott'acqua. Fu questo che fece capire subito alle due chi avevano
davanti. T'Shan anche se sembrava impossibile era uscito dalla sua tomba e ora
avanzava verso di loro come uno zombie o un novello Frankenstein. Nonostante la
visione di quell'essere la atterrisse, Shuri senza quasi pensarci scattò verso
di lui provando ad assestargli un pugno all'altezza delle costole. T'Shan però
non sembrò affatto impressionato e prima ancora che Shuri potesse affondare il
colpo, la rispedì indietro con il palmo della mano. A Shuri sembrò di esser
stata colpita da un maglio, e senza quasi neanche accorgersene si ritrovò a
sbattere violentemente contro il muro. Ricadde bruscamente al suolo restando lì
distesa con la vista annebbiata e la testa che le pulsava per il dolore. In
quell'unico, semplice colpo, T'Shan aveva impresso una forza spaventosa,
anormale per qualsiasi essere umano ordinario. Il morto vivente non sprecò che
qualche secondo per osservare il risultato del suo operato, quindi puntò di nuovo
verso Monica mentre sul suo volto si allargava un ghigno orribile e bramoso.
<Non puoi opporre resistenza…
Facciamola facile e prometto di non torcerti un capello...per ora...>
Monica trasalì e scagliò uno dei cuscini
contro T'Shan ma questi rimase lì impassibile mentre gli rimbalzava addosso.
Scoppiò dunque in una risata gutturale e afferrata una gamba dell'enorme letto
lo rovesciò senza sforzo. Monica piombò a terra, sbalzata battendo
violentemente il bacino al suolo. La ragazza provò ad urlare ma T'Shan le pose
senza troppe cerimonie una mano davanti alla bocca, costringendola a fare
silenzio.
<Il palazzo è enorme ma non vorrei
comunque che le orecchie indiscrete del tuo amato ci udissero prima del
dovuto>
Con la mano libera sfilò una delle
coperte da sotto il letto e ignorando la strenua resistenza di Monica, la usò
per avvolgerla ben stretta in maniera che non potesse muoversi più del
necessario e vedere dove erano diretti. Si voltò nuovamente verso Shuri,
notando compiaciuto che la ragazza aveva perso i sensi, quindi si concentrò su
uno dei muri della stanza. Si morse il dito così forte che una goccia di sangue
sgorgò dal pollice. Soddisfatto cominciò a tracciare delle lettere sulla parete
con il sangue e quando ebbe concluso aprì la finestra e con Monica sotto
braccio si lanciò nel vuoto.
Quando dopo un infinita corsa in cui fu
sballottata violentemente più volte, Monica fu liberata dalla coperta che la
avvolgeva desiderò quasi di raggomitolarsi di nuovo dentro di essa. Si trovava
in un enorme tempio buio illuminato solo da torce e che emanava un acre odore
di putrefazione. Ansimante cercò di mettere a fuoco ciò che c'era attorno a lei
e non appena le figure che la circondavano vennero alla tremolante luce emessa
dalle torce lanciò un urlo di terrore. Attorno a lei c'erano cadaveri semoventi
con gli arti che si tenevano assieme per miracolo. Giganteschi marabù con i
becchi grondanti sangue e iene dai denti ingialliti e il pelo pulcioso che
emettevano lugubri risatine forse pregustando le sue carni. Su qualsiasi
sporgenza si trovasse sul muro erano appollaiati mostruosi avvoltoi molto più
grandi del normale che facevano schioccare i loro becchi come se fossero delle
macabre nacchere. Uomini vestiti con pelli delle stesse iene e con grosse
maschere di leone in legno che ogni tanto tenevano a bada con delle lunghe
lance gli animali e le mostruosità che cercavano di avvicinarsi un po’ troppo alla ragazza. Monica strisciò indietro tenendo
le mani davanti al volto ma accorgendosi con un rapido sguardo di non avere
alcuna via di fuga. Una iena cercò di azzannarle il braccio ma ecco che uno
degli uomini mascherati da leone vibrò un colpo con la sua lancia colpendola
direttamente sulla testa e facendo indietreggiare, guaendo, l'animale. Un rullo
di tamburi attirò improvvisamente l'attenzione di tutti e più di mille sguardi
si voltarono verso T'Shan che dopo aver disceso una scalinata di pietra
avanzava verso il gruppetto chiedendo che gli si facesse largo. Gli uomini iena
cominciarono a urlare alle bestie in una lingua sconosciuta intimando loro di
fare passare il cadavere che un tempo era stato cugino di T'Challa e gli
spazzini si fecero indietro pur se tra mille proteste ringhiate e schiamazzate.
T'Shan avanzò verso Monica che rimase impietrita a guardarlo. Aveva indossato
delle sudicie vesti che sembravano la caricatura di quelle reali che a volte
T'Challa portava nelle cerimonie importanti, e che sventolavano leggermente
attorno alle sue gambe. Allungò una mano verso Monica e lei si tirò in piedi
indietreggiando disgustata, ma uno degli uomini iena la spinse violentemente in
avanti facendola finire direttamente tra le braccia di T'Shan. Questi la
afferrò saldamente costringendola a sollevare il volto e a guardarlo dritto in
faccia.
<Puoi ribellarti quanto vuoi ma ciò
non farà alcuna differenza. Te ne starai qui buona buona finchè il tuo amato
T'Challa non verrà qui per salvarti! E se solo oserai fare qualcosa di stupido
chiederò a queste bestie di rosicchiarti le gambe fino a spolpartele!>
Monica cercò ancora una volta di
divincolarsi ma T'Shan le strinse i polsi fino a farla gemere per il dolore.
<Ma cosa...vuoi? Cosa vuoi da
noi???> chiese Monica con gli occhi lucidi di lacrime. T'Shan scoppiò in una
risata reclinando all'indietro la testa mentre le sue membra morte venivano
scosse dalle convulsioni causate dall'ilarità
<Da te? Proprio nulla...da T'Challa?
Il trono…. il suo trono… la sua vita… e tutto ciò che gli è caro!!>
Note:
1- Uno dei
clan nomadi che mettono spesso in pericolo la sicurezza del Wakanda. Sono
comparsi recentemente in un ciclo dei Fantastici 4 e ho deciso di riadattarli
per le mie storie rendendoli gli adoratori del Dio Iena. Ossessionati dalle
cose morte come gli spazzini di cui portano l'effige sono di base persone
meschine e calcolatrici.
2-
"Tela" in francese.
3-Gas
rudyardano usato per scatenare incubi e allucinazioni nelle vittime, usato per
torture, interrogatori e come mezzo deterrente. T'Challa ne ha avvertito i residui
sulla "scena del crimine" quando ha indagato sulla sparizione di suo
cugino.
4-Paese
confinante con il Wakanda afflitto da una guerra civile e un tempo da un
sistema basato sull'apartheid.
5-Joshua
Itobo, figlio di uno dei fratelli di T'Chaka (il padre di T'Challa), laureato
in medicina. Svolge l'attività medica nelle jungle wakandane e ha fatto in
passato parte dei Moschettieri Neri.